Una nostra passione è frequentare enoteche, eventi fieristici e degustazioni.
Noi, come altre persone acculturate sul mondo del vino, scegliamo di acquistare una bottiglia in base a vari fattori, per lo più organolettici (il possibile abbinamento con ciò che mangeremo, le caratteristiche del vitigno, il territorio..).
La maggior parte dei consumatori, però non è come noi.
Per anni in Italia si è scelto il vino in base al nome del vitigno al nome del disciplinare (non alle caratteristiche organolettiche) tipo il Merlot, il Syrah, il trebbiano, il Chianti, l’Amarone, il Brunello…
Oggi, se si prova ad entrare nel reparto enoteca di un supermercato (si, mass market) quanta scelta di Chianti avremo?
Quanta Falanghina (per il generico e stereotipato abbinamento con il pesce) troveremo?
Non giudicateci cone sciocchi, ma è accertato che oggi, un grandissimo peso alla scelta del vino da parte di utenti con una cultura enologica media, è data dall’etichetta!
Ebbene si, è così, l’etichetta può fare il buono o il cattivo tempo.
In alcuni casi, la qualità del vino, il territorio, l’abbinamento scendono in secondo piano nella scelta.
Un gran numero di produttori pensa ancora che l’investimento in “abbigliamento” della bottiglia non abbia valore.
L’etichetta giusta deve essere curata esteticamente, dettagliata nei testi ed esprimere più caratteristiche possibili (dal vitigno alla descrizione sensoriale).
Pensate alla scelta tra due bottiglie di egual budget. Quale sceglieranno i consumatori? Quella con più interessante!
L’etichetta deve essere creata da professionisti come noi e concepita sulla base di profonde riflessioni sulla mission e la vision dell’azienda, sulla base di informazioni del territorio e sul mercato in cui dovrà inserirsi.
L’etichetta è la pura espressione visiva dell’identità dell’azienda.
Insomma, la comunicazione del vino passa anche per l’etichetta!
Rinaldo Ceccano